La vita scorre in attesa di qualcosa di meglio
L’emergenza globale senza precedenti che stiamo affrontando, ha portato a delle restrizioni che minano momentaneamente e per una buona ragione, libertà e “diritti” che davamo per scontati, dove le illusorie e precarie certezze che pensavamo di avere, vacillano mostrando tutta la loro fragilità!
Tale protocollo di emergenza ci obbliga, inoltre, ad adottare delle “misure di contenimento” come ad esempio l’assenza dell’attività lavorativa e la ridotta possibilità di svago: ciò impone di rallentare, quasi un ossimoro per l’uomo occidentale abituato ad occupare ogni istante della giornata e non solo, con attività sempre differenti.
Ancora, l’isolamento domiciliare, non di rado, accompagna una generale sofferenza individuale poiché ci obbliga a fare i conti con noi stessi, dovendoci necessariamente “guardare dentro”.
Ci troviamo pertanto a dover gestire due fattori: la mancanza di certezze esteriori e la carenza di stabilità interiore le quali producono, in un soggetto non addestrato, un profondo disagio che percepisce come infelicità.
Già prima che questo evento mondiale sopravvenisse “…nell’uomo il programma infelicità era già stato “installato”: il senso di mancanza e di bisogno, è ciò che regge il sistema consumistico nel quale siamo immersi”; c’è sempre qualcosa che manca per essere paghi.
Il nostro appuntamento con la felicità viene costantemente rimandato.
“Ma se da domani avessimo l’opportunità di veder realizzate ogni nostra richiesta ed i nostri sogni avverati, saremmo davvero pronti ad assumerci la responsabilità di vivere pienamente la nostra felicità”?
“Il voler essere felici pare essere una scelta non semplice”.
“Essere felici, ma felici davvero, è una grossa responsabilità. Perché se siamo veramente felici usciamo dalla corrente del lamento e, soprattutto, smettiamo di imputare le colpe delle nostre mancate realizzazioni a fattori esterni a noi; … prendiamo in mano la nostra vita e sappiamo che dipende solo da noi; … perché non c’è più nulla che manca, non possiamo più rimandare l’appuntamento con la Bellezza e con l’Assoluto, vediamo che è qui per noi, ovunque ed in abbondanza, non abbiamo più pretesti, non ci sono più scuse, dobbiamo traboccare di vita e, in verità, non tutti sono pronti per questo.
Per qualcuno è molto più comodo mantenere i propri vecchi e cari argomenti a cui attaccarsi e di cui lamentarsi, per restare esattamente dove si è, percorrendo sempre gli stessi solchi che rappresentano un’affettuosa carezza, molto più sicura di una nuova terra da calpestare o un volo da spiccare in cielo aperto. A ben guardare, essere felici significa rinunciare alla nostra immagine di infelici, vuol dire smettere di identificarsi con quel disagio, in quella mancanza, in quella emozione che per tutto questo tempo è stata la nostra normalità e, per quanto brutto e fastidioso possa essere stato, è qualcosa che comunque ci ha consentito di riconoscerci”.
Siamo davvero disposti a rinunciare alla nostra immagine di infelici? “…. Potremmo davvero vedere noi stessi alzarci al mattino ed addormentarci la sera felici, senza alcun senso di colpa per esserlo? Siamo disposti a rinunciare di riconoscerci come fiume per diventare mare? Siamo pronti a fonderci nella grandezza dell’oceano consapevole che il fiume che eravamo non esisterà più”? cit. Padre Massimo da Qumran
Abbandonare la fasulla rappresentazione di noi stessi a favore della verità per recuperare la propria stabilità e gioia, richiede coraggio soprattutto in un momento storico come quello che siamo chiamati a vivere: è tempo di assumersi questa responsabilità!
E’ questo il momento, il momento è adesso: avvalersi di questo “spazio” per iniziare a porre attenzione alla propria esperienza, notare cosa accade esattamente in questo istante. La consapevolezza è l’antidoto per la sofferenza.
Abbiamo parlato di “misure di contenimento”: contenimento, significa anche la capacità di accogliere o comprendere all’interno fornendoci così una ulteriore lettura dei fatti. Le difficoltà ci mettono a disposizione inestimabili occasioni di apprendimento ed è fondamentale imparare ad affrontare gli aspetti meno piacevoli dell’esistenza. E’ in questa eventualità che la meditazione trova la sua massima realizzazione!
Meditare, significa addestrarsi ad osservare la realtà esattamente così com’è e chiamiamo “consapevolezza” tale maniera particolare di percepire: nulla viene rimosso o respinto ma accolto con gentilezza.
Se siamo attraversati dalla tristezza, questo è ciò che sta accadendo ed è ciò che va affrontato perché ogni cambiamento inizia da noi: “Quando siamo in difficoltà bisogna osservarla, studiare il fenomeno e comprenderne la meccanica. Il modo per uscire dalla trappola è studiare la trappola stessa, imparare in che modo è costruita smontandola pezzo dopo pezzo e quando ciò sarà avvenuto essa non potrà catturarci nuovamente”. H. Gunaratana
Tutto questo può avere inizio, con la semplice osservazione del respiro…
“Meditando sulla transitorietà e relatività di ogni fenomeno il meditante ottiene uno stato di “distacco” … al fine di conseguire uno stato di serenità imperturbabile in cui il distacco dalla vita e la massima apertura ad essa paradossalmente coincidono”. Cit, ignoto
“Non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”.
“La pace non può essere mantenuta con la forza, può essere solo raggiunta con la comprensione”.
Cit. Albert Einstein
“Impara ad essere certo nell’incertezza perché questo caratterizza la persona evoluta, malgrado tutto crolli, ha sempre se stesso”. Dhammapada